La manovra di bilancio ha modificato in maniera sostanziale la tassazione sulle auto aziendali ad uso promiscuo, vale a dire quelle concesse ai dipendenti anche per l’utilizzo nella vita privata oltre che per l’uso per motivi di lavoro. Le auto aziendali che rientrano in questa categoria sono considerate “fringe benefit”, al pari di una somma aggiuntiva in busta paga, e quindi concorrono all’aumento del reddito del dipendente.
Fino ad oggi la tassazione veniva calcolata sulla base delle tabelle chilometriche Aci per ciascun modello di veicolo, ipotizzando una percorrenza standard di 15000 chilometri annui. Ad esempio, per un veicolo con un costo chilometrico di 50 centesimi al chilometro si ottiene un valore di 7500 euro, valore sul quale si applicava la percentuale di calcolo a seconda della classe di emissione dell’auto.
Per una auto con emissioni fra 61 e 160 grammi di CO2 per chilometro (le più diffuse) la percentuale era del 30%, il che dava un valore di 2250 euro di reddito aggiuntivo, sul quale andava calcolata l’Irpef.
La nuova normativa avvantaggia le auto elettriche, sulle quali si calcola il solo 10% del costo chilometrico, e le ibride plug-in (20%), mentre tutte le auto termiche passano al 50%. Per tornare all’esempio precedente, il nuovo valore di calcolo di reddito aggiuntivo passa da 2250 euro a 3750 euro, con corrispondente aumento di tassazione.
L’intento del legislatore è chiaro: spingere le aziende alla sostituzione del parco auto con modelli a zero emissioni.
Molto critica al riguardo Aniasa, associazione della mobilità di Confindustria, che prevede per il 2025, un calo di immatricolazioni fra acquisti diretti e noleggi a lungo termine fra il 20 e il 30 per cento. È anche possibile che le aziende optino per soluzioni alternative quali l’indennità chilometrica al dipendente. Aniasa auspica che la norma venga rivista a breve, considerando che le immatricolazioni di auto aziendali sono una percentuale importante del totale del venduto a livello nazionale.