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Cittadinanza, l’Italia a confronto con gli altri paesi europei

Marco Mammini

Lo Ius Scholae – e più in generale il diritto alla cittadinanza – è stato uno dei temi che hanno tenuto banco nel corso dell’estate, soprattutto dopo l’apertura del vicepresidente del Consiglio e ministro degli esteri, Antonio Tajani. Anche oggi l’argomento cittadinanza è stato oggetto di discussione alla Camera, in seguito alla mozione Bakkali, con cui si richiede la riforma della legge sulla cittadinanza, che, attualmente, è disciplinata dalla legge n. 91 del 1992. Con questa, al giorno d’oggi, acquistano di diritto la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche solo la madre o il padre) siano cittadini italiani. Si tratta della modalità di acquisizione per ius sanguinis; poi, per alcuni casi limitati, è previsto il riconoscimento per ius soli, come per coloro che nascono in Italia e i cui genitori siano da considerarsi ignoti o apolidi; per chi nasce in Italia e non può acquisire la cittadinanza dei genitori e, infine, per chi non è in possesso di altra cittadinanza, non abbia genitori noti e che venga trovato, a seguito di abbandono, in territorio italiano. Un’altra condizione è aver risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e che si dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquisire la cittadinanza italiana; oppure per matrimonio, unione civile e naturalizzazione.

Tuttavia, per i firmatari della mozione, si evidenza una arretratezza del nostro paese su questo fronte e, attraverso il confronto con alcuni Paesi europei, si denota che la situazione italiana sia quella più complessa. A questo proposito, nella proposta si cita in primis Francia, dove la naturalizzazione può essere concessa dallo straniero maggiorenne che dimostri la propria residenza abituale in Francia nei cinque anni precedenti la domanda – ma questo termine, che è la metà di quello italiano -, può anche essere ridotto. Inoltre, il figlio minore, legittimo o naturale, della persona naturalizzata francese, diventa automaticamente cittadino francese di pieno diritto, sempre se residente in Francia, così come ogni bambino nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza francese al momento della maggiore età, se in linea con alcuni parametri legati alla residenza.

Nel caso della Germania, la cittadinanza può essere acquisita per nascita, adozione e naturalizzazione. Dal 1° gennaio 2000 la acquisiscono anche i figli di stranieri, nati in Germania, purché almeno uno dei genitori risieda stabilmente nel Paese da almeno otto anni – con una riforma approvata a gennaio 2024, da otto si passa a cinque. La naturalizzazione non avviene in via automatica, ma presuppone una richiesta da parte dell’interessato, che può presentarla alle autorità competenti dopo il compimento del sedicesimo anno di età.

In Gran Bretagna chi nasce in territorio britannico acquisisce in via automatica la cittadinanza. Per coloro che, invece, non sono nati in Gran Bretagna, la possibilità di essere naturalizzato è legata ad una serie di condizioni: avere almeno diciotto anni, non avere precedenti penali, aver vissuto in Gran Bretagna almeno cinque anni prima della richiesta di naturalizzazione, non avendo trascorso più un quantitativo di giorni fuori dal Regno Unito. È anche necessario conoscere la lingua e superare un test.

Infine, in Spagna, il presupposto generale per poter richiedere la cittadinanza per residenza si basa sulla possibilità di dimostrare di essere residenti in Spagna regolarmente da almeno dieci anni, continuativamente. Tuttavia, vi sono numerose ed importanti eccezioni che riducono sensibilmente i tempi, come nel caso di chi ha ottenuto lo status di rifugiato, che può fare domanda dopo cinque anni di permanenza in Spagna.

È anche alla luce del confronto con questi paesi, che i sottoscrittori della mozione richiedono al governo una rivoluzione italiana sul fronte della cittadinanza, basata sullo ius soli e lo ius culturae, quelle che, si legge, sono «le fondamenta sulle quali basarsi per un cambiamento reale e volto all’inclusione effettiva di chi è nato e vive in quello che oggi è il suo Paese. […] Deve essere previsto un sistema che consenta ai figli nati in Italia da genitore straniero ma nato nel nostro Paese, di essere di per sé cittadini italiani, essendo evidente il legame tra la persona e il territorio in cui nasce e cresce, evitando forme di ghettizzazione inaccettabili e pericolose».

In particolare, al governo è richiesto l’intervento per riconoscere la cittadinanza: ai minori nati da genitori stranieri, di cui almeno uno è regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno al momento della nascita del figlio; a coloro, soggetti all’obbligo scolastico, che abbiano compiuto almeno un ciclo d’istruzione.

Ma anche a ridurre l’arco temporale del vincolo della residenza continuativa e semplificare le forme e gli stessi vincoli, nonché ad apportare un decentramento amministrativo che demandi ai sindaci dei comuni nei quali viene presentata l’istanza di concessione della cittadinanza, tanto la ricezione dell’istanza stessa, quanto la predisposizione della relativa istanza da inviare al Presidente della Repubblica, per la concessione della cittadinanza.

Infine, riconoscere a tutti i minori nati in Italia, o con background migratorio, senza cittadinanza, inclusi i rifugiati e richiedenti asilo, il diritto di accesso alla pratica sportiva, garantendo loro anche la possibilità di essere tesserati presso le federazioni sportive nazionali (Fsn).

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