Nella seduta pomeridiana di giovedì 18 luglio, è stata votata la fiducia al governo Meloni, posta sul decreto Salva casa. I voti favorevoli sono stati 180 e sono state così precluse tutte le proposte emendative presentate.
In precedenza, si sono svolte le abituali dichiarazioni di voto. Ha aperto la seduta Isabella De Monte di Italia Viva, che ha dapprima contestato il nuovo ricorso alla fiducia per poi spiegare che «i temi di decreto e le finalità sono condivisibili, cioè semplificare le norme, far fronte al crescente fabbisogno abitativo, rilanciare il mercato della compravendita e limitare il consumo del suolo. Tuttavia, proprio per l’importanza delle finalità annunciate, vediamo che lo scopo realizzato è molto più piccolo di quanto sperato». Per queste ragioni, De Monte ha annunciato il voto contrario. Così come Filiberto Zaratti (AVS), per cui «si pensa di risolvere i problemi attraverso sanatorie e condoni. La metà delle persone che vivono in povertà sono in povertà alloggiativa, nonostante ci siano 90mila alloggi di edilizia economica e popolare inutilizzati, perché il governo e lo Stato non intervengono a fare necessarie manutenzioni o completare le opere».
Anche Giulia Pastorella (Azione) ha spostato il focus su problemi più meritevoli di attenzione: «Il tema non è se aggiungere o meno una tenda da sole, ma se riusciamo a permettere a chi è in affitto a spendere la metà del proprio reddito in affitto e in bollette. Il problema non è neanche il permettere alcune sanatorie (in riferimento alla riduzione per certificati di abitabilità): ma che ci sono circa 750mila alloggi di edilizia popolare e, apparentemente, ne servirebbe il doppio».
A seguire sono arrivate le prime risposte dalle forze della maggioranza. Pino Bicchielli (Noi Moderati): «Il buonsenso è uno dei criteri cardine su cui si fonda il provvedimento oggi in esame, che ha come obiettivo principe invertire la rotta mettendo al centro la necessità di sburocratizzare, semplificare e rendere più efficiente la macchina amministrativa ed evitare danni economici a carico dei cittadini e del paese». E, poi, Alessandro Cattaneo (Forza Italia): «Provvedimenti come questi cercano di dare risposte moderne. Per far fronte a sfide come l’emergenza abitativa o le trasformazioni incontrollate dei centri delle nostre città turistiche, abbiamo bisogno di nuove regole: non un ulteriore intervento statale, ma una sana partnership pubblico-privato».
L’Abbate (M5S), invece, ha critica fortemente la decisione del governo di porre la fiducia: «Le norme urbanistiche sono una cosa seria. E tante leggi sono nate dopo iter parlamentari molto complessi e ragionati, che hanno richiesto i loro tempi». E, poi, nel merito del testo: «Le pratiche di sanatoria saranno sanate nel silenzio assenzo di 45 giorni e considerando che molti comuni non hanno risorse di personale ed economiche può passare di tutto».
Poi, ha preso la parola Elisa Montemagni (Lega): «Vogliamo dare una risposta ai nostri cittadini, ai proprietari e a chi l’alloggio lo cerca e che a volte non lo trova, perché ci sono troppi alloggi e appartamenti non utilizzabili per cavilli burocratici o difformità. I micro appartamenti, la diminuzioni delle altezze minime, il recupero dei sottotetti sono cose che negli altri paesi europei vengono già fatte».
In conclusione, Augusto Curti (PD) ha affermato che «questo provvedimento celebra il definitivo sdoganamento del modello di degrado abitativo. Favorirà le speculazioni, alimentando le disuguaglianze e ingiustizie, con una maggiore desertificazione delle aree urbane e i centri storici».
Massimo Milani ha risposto sulle accuse di condono: «Parliamo di un provvedimento volto a semplificare rispetto a piccole difformità» e, ancora il parlamentare di Fratelli d’Italia sul silenzio assenso, «è uno strumento molto utile previsto sempre per le piccole difformità ed è un modo per alleviare il lavoro dei comuni».