Il contesto post-pandemico che stiamo vivendo ha sicuramente portato, tra le tante conseguenze, ad un ripensamento delle modalità di lavoro in termini di luoghi. Inizialmente la narrativa ruotava attorno alla dicotomia smart-working e lavoro in presenza, ma adesso le cose sembrano essersi evolute ancora di più.
Uno studio della Fondazione Venture Thinking ha dimostrato che il 62% delle persone vuole scegliere in autonomia il luogo in cui poter lavorare, mentre il 71% ha dichiarato di aver vissuto veri e propri momenti di isolamento a causa della mancanza di momenti di socialità. Ne consegue, quindi, che adesso la scelta ruota attorno alle diverse forme di presenza che le persone vogliono poter selezionare autonomamente.
A proposito del nuovo senso dello spazio, Marta Bertolaso, Professore ordinario di Filosofia della Scienza all’Università Campus Bio-Medico di Roma, ed Emiliano Boschetto, Innovation Senior Manager eFM ed Executive PhD Candidate all’Università Campus Bio-Medico di Roma, hanno scritto un articolo per la rivista Qualità, intitolato “La qualità delle relazioni per la gestione delle organizzazioni complesse nello spazio post-pandemico”.
“La pandemia è stato probabilmente il più grande esperimento sociale della storia contemporanea. Una remotizzazione collettiva e simultanea dei processi di funzionamento delle organizzazioni che ha portato alla disconnessione fra spazio e funzione: non si lavora più solo in ufficio, non si studia solo a scuola, non ci si cura solo in ospedale, non si acquista solo in negozio”.