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L’innovazione secondo Fabio Pompei (Deloitte): «L’AI è la leva per la competitività del Paese. Serve un salto culturale, soprattutto nelle PMI»
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Redazione

L’innovazione non riguarderà più solo le grandi imprese tecnologiche o i settori più avanzati, ma impatterà sempre più in modo pervasivo tutti i comparti, pubblici e privati, senza distinzione. Eppure nonostante la sua rilevanza, l’intelligenza artificiale stenta a diffondersi nel tessuto produttivo italiano. Fabio Pompei, ceo di Deloitte, cita un dato allarmante: solo l’8% delle aziende con più di 10 addetti ha avviato iniziative strutturate sull’AI, contro una media europea del 13%. Un ritardo che diventa ancora più evidente se si guarda alla disponibilità di competenze specialistiche.

L’Italia soffre infatti di un deficit strutturale di laureati nelle discipline STEM. «Meno di un quarto degli studenti sceglie percorsi tecnico-scientifici», ricorda Pompei, e se si escludono le lauree dell’area medico-biologica, la quota dedicata all’informatica, alla matematica e ai data scientist si riduce ulteriormente. Le donne, poi, sono ancora una minoranza significativa. Un problema culturale prima che tecnico.

Secondo Pompei, le grandi imprese italiane stanno già investendo con decisione nell’intelligenza artificiale, mentre il vero nodo è rappresentato dalle piccole e medie imprese. Qui la barriera principale non è economica, ma culturale: mancano conoscenza, consapevolezza delle opportunità, persone formate e una visione strategica dell’innovazione.

«È sulle PMI che bisogna agire: far capire che l’AI non è un accessorio, ma un abilitatore della competitività futura», sottolinea Pompei.

L’AI, infatti, grazie alla facilità d’uso delle nuove piattaforme, può valorizzare proprio ciò che costituisce uno dei punti di forza dell’Italia: la creatività. Ecco perché, secondo Pompei, l’Italia ha l’occasione di colmare rapidamente il gap tecnologico accumulato negli anni.

Deloitte ha deciso di investire massicciamente sull’AI sia a livello globale sia in Italia. Solaria in particolare è una piattaforma che non si limita a elaborare enormi moli di dati, ma consente di co-creare soluzioni innovative. Integra capacità di agentic building, ovvero la possibilità di costruire agenti autonomi in grado di svolgere attività complesse. Pompei racconta un esempio: un visitatore chiede informazioni per organizzare un weekend a Parigi, e la piattaforma non si limita a fornire consigli, ma costruisce da zero il modello operativo di una vera e propria agenzia di viaggi, capace di definire itinerari, porre domande mirate, effettuare prenotazioni e completare tutto il processo.

Pompei si dice comunque ottimista: lo sviluppo dell’AI non è lineare ma “a gradoni”, e questo può consentire all’Italia — se saprà muoversi con decisione — di recuperare rapidamente il ritardo.

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Il Paese ha creatività, capacità progettuale e competenze diffuse, ma deve fare un passo in avanti sul piano culturale, formativo e sistemico. «L’intelligenza artificiale è un tema dal quale non possiamo prescindere — afferma — perché è su questo che ci giochiamo la competitività futura delle imprese italiane, del sistema Paese e dell’Europa».

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