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Nucleare: legge delega, nuove tecnologie e opinioni contrarie

Laura Iannello

Come annunciato dal ministro Pichetto Fratin, è in dirittura d’arrivo l’iter per la presentazione della legge delega sulla produzione di energia nucleare. A giorni la bozza della legge, preparata dal gruppo di lavoro della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile verrà inviata a Palazzo Chigi per le valutazioni di ordine giuridico, e a seguire verrà valutata dal Consiglio dei ministri.
Il rinnovato interesse del Governo per la ripresa di un programma energetico basato anche sulle centrali nucleari, è dovuto alle nuove tecnologie in fase di sviluppo. La nuova frontiera nel campo dell’energia nucleare a fissione è data dai reattori di terza generazione denominati Small Modular Reactors. Si tratta di reattori di dimensioni ridotte, assemblati con strutture modulari delle dimensioni di un container, e quindi più semplici da produrre. I moduli infatti, possono essere prodotti in fabbrica e poi assemblati direttamente sul sito nucleare, con vantaggi in termini di tempi di costruzione e di costi grazie alle economie di scala produttive. La potenza degli Smr varia da 100 a 450 megawatt, contro una potenza media delle centrali nucleari tradizionali di 1 gigawatt. Un altro vantaggio dei reattori modulari è che la potenza ridotta permette di installarli in prossimità di distretti industriali in sostituzione di centrali a fonti fossili, utilizzando quindi reti elettriche già esistenti. Inoltre, il calore di scarto prodotto potrebbe essere utilizzato per alimentare reti di teleriscaldamento cittadine. Nel percorso verso la riduzione delle emissioni il nucleare di nuova generazione viene quindi visto dal Governo come fonte di stabilità energetica a supporto delle energie rinnovabili che hanno per loro natura produzione non programmabile.

Si alzano tuttavia voci contrarie a questa prospettiva. Chi si oppone all’energia nucleare solleva diverse criticità, mettendo in dubbio fattibilità e convenienza di questa fonte energetica. Innanzitutto, i mini reattori vengono considerati una innovazione ancora ipotetica, e in attesa che diventi operativa si fa notare come la lotta al cambiamento climatico imponga scelte immediate. Le tempistiche di realizzazione delle centrali tradizionali sono sempre state molto prolungate rispetto alle previsioni, e non si vede il motivo perché con gli Smr questa tendenza dovrebbe cambiare. Inoltre, lo scenario ipotizzato dal ministro Pichetto Fratin viene considerato irrealistico, in quanto comporterebbe la messa in funzione di un cospicuo numero di piccoli impianti, sparsi un po’ dovunque sul territorio, quando non si è ancora stabilito quale potrebbe essere il sito nazionale per il deposito delle scorie radioattive. I contrari al nucleare fanno infine notare come la tendenza su scala internazionale viri decisamente verso fonti rinnovabili. La Cina, ad esempio, ha incrementato nel 2023 la produzione di energia da eolico e fotovoltaico tanto da raggiungere un valore di produzione da rinnovabili triplo di quanto produce col nucleare. Il dibattito sul ritorno al nucleare è solo all’inizio: l’entrata in funzione dei primi impianti pilota basati su Smr fornirà dati più attendibili sui quali confrontarsi.

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