Il Rapporto 2021 di Welfare Index PMI, l’iniziativa promossa da Generali Italia con la partecipazione delle maggiori Confederazioni italiane e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha fatto emergere dati interessanti sul lavoro a distanza e conciliazione vita-lavoro.
È emerso come il contesto Covid-19 abbia considerevolmente impattato sull’organizzazione del lavoro e sull’equilibrio tra il lavoro e la vita familiare, provocando un’accelerazione importante su alcuni processi che erano ancora in fase di transizione e generando dei cambiamenti sulle vite delle persone ancora difficili da stimare a livello qualitativo e quantitativo.
Dall’inizio della pandemia il 37,7% delle PMI ha praticato il lavoro a distanza, ma solo l’8,4% lo praticava già in precedenza, applicato però ad un numero limitato di dipendenti e nella maggioranza dei casi con necessità famigliari specifiche. Il dato più significativo è rappresentato dal 29,3% di PMI che hanno introdotto il lavoro a distanza con l’arrivo della pandemia, che lo ha portato di conseguenza ad avere una sperimentazione sul campo e già applicata a un numero molto ampio di dipendenti.
A circa 2 anni dalla pandemia, si può notare un cambiamento significativo della gestione delle PMI del lavoro da remoto: 18,8% utilizzano il lavoro a distanza per la quota maggioritaria del tempo, 29,8% prevedono un equilibrio tra lavoro remoto e in presenza, 17,9% utilizzano il lavoro a distanza per una quota minoritaria del tempo. Una quota rilevante, il 33,9%, non ha adottato sistematicamente l’uno o l’altro modello privilegiando invece un sistema flessibile calibrato sulle esigenze specifiche dei lavoratori.
Le dichiarazioni rilasciate dalle PMI consentono di fare alcune ipotesi sugli esiti possibili di questa fase: la larga maggioranza delle PMI che ha sperimentato il lavoro da remoto ritiene di tornare non appena possibile all’organizzazione precedente, con presenza stabile sul luogo di lavoro. Una quota comunque significativa, circa un’impresa su quattro, dichiara di volersi orientare verso un modello ibrido, che bilanci lavoro da remoto e presenza fisica. Solo un’esigua minoranza, infine, ritiene che il lavoro a distanza sarà prevalente anche una volta superata l’emergenza.